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L’EDITORIALE

Acronia. 

Viviamo in un tempo in cui ci è stato rubato il nostro tempo. E lui scorre senza che noi abbiamo la percezione di viverlo, di sfruttarlo, di assaporarlo.
Siamo inermi e apatici, incapaci di concretizzare qualsiasi progetto fuori dalle quattro mura domestiche e sospesi in questa bolla surreale che ci contiene e ci toglie respiro e proiezioni. 
Si vive di ricordi e di programmi disfatti, di attese disattese, di aspettative deluse, guardando ad un metafuturo che sfuma quanto più si approssima. 
Sensazioni di atrofia si affastellano, interrotte raramente da sprazzi di speranze puntualmente deluse. 

A Dicembre ho deciso di assegnare ai miei alunni un compito che includesse le riflessioni sul periodo che stiamo vivendo: uno scritto che richiedeva un’autoanalisi ed un bilancio al tempo stesso.

Mi sono domandata se fosse giusto, sì. Ho messo in dubbio se fosse il caso di affrontare ancora il tema Covid, dopo mesi che non si sente parlare d’altro. Ma un conto è guardare il TG, i bollettini medici, la conferenza stampa della Protezione civile, ascoltare dati e statistiche, e un altro è mettersi lì, con carta e penna, da soli, a riflettere su se stessi e su come quest’anno ci abbia cambiati. È stato uno spazio intimo, non condiviso con altri, ed ognuno di loro si è trovato a fare i conti con lo specchio del proprio io.

“…Con il Covid tutto è cambiato…Convivere con la minaccia del Covid-19 mi fa sentire stanco e stressato e questo spesso mi porta ad essere apatico e demotivato, ma penso che sia una reazione naturale dovuta ad un prolungato stato di incertezza e al fatto che la vita è totalmente cambiata a causa della pandemia. In questo periodo mi manca molto il contatto con le persone, in particolare con i miei amici, mi mancano le giornate passate insieme a scherzare e ridere tutto il tempo, mi mancano quei pomeriggi organizzati a giocare a pallone o le sere passate insieme a vedere maratone di film e tutto questo mi rende irritabile e nervoso. Questa pandemia sicuramente mi ha cambiato caratterialmente, facendomi sentire più solo,  annoiato e chiudendomi sempre di più in me stesso. A volte mi sento così apatico da non aver nessun obiettivo…Ma in tutto questo ci sono anche aspetti positivi e valori che prima pensavo fossero banali e che, forse, davo per scontati. L’atteggiamento che abbiamo è veramente importante, perché può determinare se raggiungeremo o meno un obiettivo o se un tragico evento come questo che stiamo affrontando, tirerà fuori il meglio o il peggio di noi. Per stare in salute, molti scelgono di evitare certi alimenti: possiamo fare lo stesso evitando i pensieri negativi. Più ci scoraggiamo e minore sarà la nostra forza. Sono giovane, e come tale sono ottimista per il futuro: sicuramente questa triste situazione passerà presto e potremo tornare a vivere la nostra vita spensierata e trascorrere di nuovo momenti di serenità e di felicità.”. (A.J.)

“Voglio evitare il pessimismo: non è la vita di prima, però… la pandemia ci ha unito. È abbastanza ironico il fatto che in un momento in cui eravamo tutti a casa e distanti gli uni dagli altri, siamo stati uniti come non mai…Tra pizze e tiktok, tra giochi in famiglia e karaoke sul balcone, siamo comunque rimasti uniti. Sembra sciocca come cosa, ma questa sensazione di unione, aiuto e comprensione tra persone, mi ha fatto capire che a volte il mondo non è tanto brutto come pensavo…”(C.Z.)

“È stato un anno molto intenso, pieno di sentimenti ed emozioni contrastanti, un anno che mi ha insegnato a crescere, ma che mi ha anche chiuso in me stessa, in un primo momento… ero spaventata da questa situazione, ed oltre tutto quello che di tragico succedeva nel mondo, vedevo il tempo passare, inesorabile, e noi non lo stavamo vivendo come avremmo dovuto…insomma, questi sono gli anni della nostra adolescenza, delle stupidaggini, delle risate, dei primi amori, dei primi problemi seri, insomma  gli anni più belli…e mi chiedevo: chi ci ridarà tutto il tempo perso? Nessuno. Dopo quel primo mese ero stanca di stare a letto, di guardarmi allo specchio e di non piacermi, di non essere quella che sono sempre stata, così ho iniziato a lavorare su me stessa, in tutti i sensi, sia fisicamente che caratterialmente, ho iniziato ad uscire sotto casa e ad allenarmi. Ho persino conosciuto un signore qui vicino che ha l’orto proprio attaccato al muro di casa mia, e con i miei genitori abbiamo chiesto un pezzetto di campo per coltivare qualche ortaggio. Ho anche modificato completamente la camera, rivoluzionando l’ordine dell’arredamento ed ho realizzato la stanza che sognavo da sempre! Insomma, la quarantena mi ha aiutato a riscoprire hobby e qualità che avevo accantonato o che non conoscevo proprio.”. (P.N.)

“Ben presto mi sono reso conto che quelle piattaforme da cui seguivo le lezioni e attraverso le quali rimanevo in contatto con i miei compagni, sarebbero state la mia unica finestra sul mondo per chissà quanto tempo. Il senso di solitudine non ce l’ho avuto in quel periodo, perché comunque avevo tanto da studiare, e la sera dopo cena, con alcuni compagni di classe, ci collegavamo in videochiamata: ascoltavamo musica, qualcuno cantava e ci ripeteva le battute del suo progetto di teatro, noi lo prendevamo in giro perché si atteggiava a grande attore, e mia madre in pigiama aspettava che chiudessimo per andare a dormire, ed intanto da dietro la porta della mia camera  moriva dalle risate. Ora di tempo ne è passato da quella prima ondata di Covid, ma siamo di nuovo chiusi in zone gialle, arancioni e rosse. Non ci sarà un Natale con i parenti, niente giri per negozi, né un capodanno da raccontare. In questo clima di pandemia la tecnologia ci ha salvato, permettendoci comunque di seguire le lezioni, di fare videochiamate con parenti ed amici (ho insegnato anche a mia nonna a fare le videochiamate!) e di essere  informati in tempo reale sull’andamento di questa seconda ondata. La nostra  vita non sarà più la stessa, ci sarà un prima del Covid ed un dopo, e non so se tornerò ad abbracciare le persone e a baciarle come facevo prima, con la stessa istintiva naturalezza. Questa sarà una brutta esperienza da raccontare ai miei nipoti (se ne avrò), come quando il mio bisnonno raccontava a mia madre e a mia zia dell’influenza spagnola e di come, in seguito a quell’epidemia, era rimasto orfano della mamma.” (S.G.)

“Il COVID sicuramente mi ha tolto tanto, ma mai quanto a coloro a cui sono morti i familiari. Comunque sentirsi sempre come un potenziale “untore” non è bello, anche le sensazioni quando stai con i nonni sono cambiate, io sono cambiato, mi sento più freddo di com’ero prima, mi sento una macchina che sta andando, ma con il motore spento.” (M.A.)

“Niente è più come prima. La nostra normalità è cambiata e non ci sono più le aspettative che – a dicembre del 2019 – poteva avere un quasi diciottenne come me. Non sento più quella voglia di fare, di programmare per il futuro, vivo molto più alla giornata, per non pensare troppo al futuro, che ora è più incerto di prima. E tutte le aspettative che avevamo per quest’anno? L’Erasmus a Siviglia era per me davvero una grande occasione. E poi i miei diciotto anni a giugno… Come tutti, li vedevo come un grande traguardo, e alla fine mi sono dovuto accontentare di una festa anche un po’ clandestina, tra mascherine e divieti. Cosa ho imparato vivendo quest’anno? Ho capito che programmarsi la vita è ancora più un sogno. Ma non ci voglio rinunciare!”. (B.T.)

Tante sfumature raccolte in un caleidoscopio di emozioni vissute sulla propria pelle, avvertite come un brivido, come un disagio, ed un bisogno insopprimibile di esternarlo. Lo shock dell’isolamento, la paura del contagio, la solitudine, le occasioni perse, il tempo sprecato, la mancanza di condivisione, le relazioni interrotte, il bisogno di assaporare insieme il gusto delle conquiste…Leggendo le loro riflessioni arriva forte e chiara la risposta dei ragazzi alla pandemia: “ci hai piegato, ma non ti permetteremo di toglierci ancora il futuro!”. Hanno una gran voglia di riprendersi i loro spazi, la loro età, e la necessità si fa più stringente col passare del tempo. Hanno risorse che loro stessi non sapevano di avere, perché l’isolamento li ha costretti a guardarsi dentro e a scovare negli angoli più nascosti quelle energie che pensavano non appartenergli. In un’altalena di stati d’animo, hanno vissuto la sinusoide emotiva che li ha indotti a ridisegnare il futuro, con nuovi programmi, nuovi linguaggi, atteggiamenti più prudenti, ma non con minor forza, anzi! I nativi digitali sono diventati la Covid generation, ma non si arrendono a questa etichetta, gli sta stretta come una scarpa sbagliata. Loro vogliono una vita su misura adesso, e sentono di averne il diritto ancor più dopo che hanno assistito inermi al furto del loro tempo.

E noi non possiamo esimerci dal Nostro compito educativo, non possiamo fingere che l’impatto emotivo della pandemia non sia di Nostra competenza. Abbiamo una responsabilità nei confronti dei Nostri ragazzi, come adulti, come educatori e come insegnanti. In un momento storico in cui le figure di riferimento si fanno sempre più rade e precarie, abbiamo il dovere di tracciare cammini, mostrare spiragli, ridonare fiducia. La Nostra professione ci regala l’opportunità di riaccendere la speranza. Noi abbiamo una grande occasione: ogni giorno decine di ragazzi ci vengono affidati affinchè abbiano una guida, affinché ciascuno di Noi gli faccia scoprire che quel futuro che immaginavano fino ad un anno fa c’è ancora, ed è ancora tutto da costruire. Noi siamo educatori, dobbiamo tirare fuori da loro le risorse che hanno ma non sanno di avere, ed è Nostro precipuo dovere dargli i mezzi per fargliele scoprire.

Ed è così che è nato ITTagram. L’idea di questo progetto nasce dall’esigenza di esprimersi, divenuta ancora più forte nel momento del lockdown. La realizzazione di un giornalino scolastico rappresenta uno strumento efficace per rendere protagonisti gli alunni, promuoverne la creatività e favorirne una partecipazione attiva alla vita, dentro e fuori la scuola. E mentre lavoravamo all’impaginazione dei primi articoli per la pubblicazione in un patinato, asettico, poco sanguigno pdf, ci sembrava tutto troppo statico, ed ecco spuntare Giacomo con l’idea del sito…sembrava un passo troppo azzardato, temerario…ma…i ragazzi della redazione si sono illuminati, hanno iniziato subito a far germogliare idee e suggerimenti. Via con la scelta del format, dei colori, delle rubriche, è iniziato un effetto domino che ci ha uniti ed entusiasmati tutti! La loro energia contagiosa ha dato vita a questo sito, e voglio ringraziarli tutti, perché se ITTagram esiste, è grazie al gruppo di giornalisti in erba che si è raccolto intorno a me alimentando il sacro fuoco della conoscenza con curiosità e tenacia. GRAZIE RAGAZZI!

Un ringraziamento speciale va alla nostra Dirigente Scolastica, Cinzia Fabrizi, per aver creduto in noi ed aver incoraggiato e sostenuto il progetto dalla genesi alla luce.

Un grazie di cuore a Laura Ridolfi, senza la quale non avrei trovato il coraggio né la forza di affrontare l’impresa.

Ci siamo, è arrivato il momento di darvi il benvenuto tra le pagine di ITTagram, sperando che per voi la lettura sia un viaggio interessante tanto quanto lo è stato il nostro cammino di ricerca e scrittura.

Prof.ssa Michela Pietropaoli 

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